La figura di Antonín Dvořák (1841-1904) esponente della scuola boema e autore de “La serenata per Archi“, occupa sicuramente un posto di primordine nel grande panorama delle scuole nazionali che si vanno affermando nel secondo Ottocento, .
Sposato da un paio d’anni, da poco diventato padre con la nascita del primo figlio, intorno al 1875 il compositore poco più che trentenne vive un periodo particolarmente sereno e positivo della propria vita, non solo sul piano personale, ma anche su quello professionale: il 1875 può essere, infatti, considerato come l’inizio per Dvořák dell’acquisizione della fama a livello europeo. È l’anno in cui il compositore ottiene una borsa di studio statale che gli dà una certa tranquillità economica, grazie anche al parere positivo del critico musicale austriaco Hanslick e di Brahms, con il quale stringe una profonda amicizia, tanto che il grande compositore tedesco arriverà ad affermare:
“… tutto ciò che di meglio deve possedere un musicista, Dvořák ce l’ha”
In questo stesso anno, Dvořák scrive diverse composizioni quali la Quinta Sinfonia in fa maggiore, un’opera lirica, diversi brani di musica da camera e la Serenata per archi op. 22.
Dvořák aveva cercato ben presto di affrancarsi dall’influsso del classicismo rivolgendosi al patrimonio folkloristico, ai canti popolari e alle danze della propria terra, aiutato anche dal fatto che egli stesso proveniva da una famiglia di estrazione popolare e il padre gestiva una locanda, dove il giovane compositore dovette avere la possibilità di entrare a contatto diretto con la musica popolare.
La serenata per archi di Dvořák e il ritorno al classicismo
La Serenata per archi appare dunque come una commistione di ideali: da un lato una sorta di ritorno al classicismo con il rivolgersi ad una forma musicale, quella della serenata, di derivazione classica, dall’altro l’attenzione alle tradizioni musicali boeme con l’inserimento di melodie dal sapore popolare e contadino.
Il lavoro alla composizione procedette molto velocemente e venne ultimato in poco più di 10 giorni nel mese di maggio del 1875. L’esecuzione in prima assoluta avvenne alla fine del 1876 a Praga.
La Serenata comprende cinque movimenti:
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I. Moderato
Il primo tempo presenta una forma tripartita A-B-A. Esso si apre subito con una melodia cantabile, esposta dai violini e riecheggiata dai violoncelli, il cui motivo evoca le atmosfere popolari boeme. Dopo questa prima breve sezione imitativa, un cambio di tonalità apre una seconda parte caratterizzata da uno scandito ritmo puntato sul quale si dispiega una melodia espressiva affidata ai violoncelli primi. Il brano si conclude con il ritorno alla tonalità precedente e la ripresa della melodia della prima sezione ma con una scrittura orchestrale più ricca. La breve coda finale è anch’essa costruita utilizzando tale melodia e frammenti di essa, in stile imitativo.
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II. Tempo di Valse
Il richiamo alla tradizione classica è evidente proprio nell’utilizzo una forma di danza: all’interno delle serenate classiche, infatti, si trovava spesso un Minuetto. Dvořák, quindi, mantiene e al tempo stesso modifica la tradizione: conserva lo spirito del ballo, ma sostituisce il Minuetto, forma ormai non più frequentata nell’Ottocento, con un Valzer.
Anche questo secondo movimento è tripartito: al Tempo di Valse segue un Trio e, successivamente, la ripresa del Tempo di Valse. A loro volta, entrambi i brani (Tempo di Valse e Trio) presentano al proprio interno una struttura tripartita. Il Tempo di Valse procede inizialmente con un andamento leggiadro proponendo un motivo divenuto celeberrimo, per poi assumere un andamento più deciso nella seconda parte e chiudere, prima del Trio, con la ripresa della prima parte. Il Trio è una pagina più ampia rispetto al Valzer con una prima sezione dall’andamento più dilatato, una sezione centrale dal carattere più risoluto e una ripresa della prima sezione che conduce, senza soluzione di continuità, alla riproposizione del Tempo di Valse che, a differenza della prima volta, termina ora con un accordo maggiore.
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III. Scherzo: Vivace
Il terzo movimento, lo Scherzo: Vivace, presenta una sezione di apertura in fa maggiore con una prima parte dalla scrittura serrata e dal carattere brillante e una seconda parte con un motivo molto cantabile dall’andamento decisamente più moderato. Tale atmosfera tranquilla prosegue anche nella seconda sezione, in la maggiore, che presenta un terzo motivo melodico affidato esclusivamente ai violini mentre le altre sezioni fungono da accompagnamento. Questa calma è interrotta dal prorompere del tema iniziale che, con una serie serrata di modulazioni, riporta alla tonalità di fa maggiore e ripropone il primo e il secondo tema. La conclusione crea un nuovo breve momento di calma apparente per poi terminare con un accelerando nelle battute finali.
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IV. Larghetto
Questo è senza dubbio il movimento della Serenata dal carattere più lirico, dalle frasi ampiamente cantabili e, a tratti, anche struggenti. Una pagina dalla scrittura decisamente molto raffinata. Anche in questo caso la struttura è tripartita con una breve sezione centrale, che Dvořák indica come Un poco più mosso, caratterizzata da una figurazione ritmica a semicrome puntate. Nel corso del brano, inoltre, vi sono ripetute citazioni del tema del Trio del secondo movimento.
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V. Finale – Allegro vivace
Il brano conclusivo è fortemente ritmico, brillante, dall’atmosfera danzereccia. Anche questo è caratterizzato da una scrittura ricca di imitazioni tra le varie sezioni. È interessante il fatto che in questo ultimo movimento Dvořák riproponga sia un breve ricordo del tema del Larghetto sia, nella sezione Moderato, il primo motivo di apertura del primo movimento, creando di fatto una struttura ciclica. Il Presto finale costituisce la coda che conclude la Serenata.