Il metodo Suzuki

Il Metodo Suzuki per la musica probabilmente non sarebbe esistito se il violinista giapponese Shinichi Suzuki (1898-1998) non fosse venuto in contatto con l’ambiente culturale europeo. Tale metodo è spesso definito come un processo di apprendimento “per imitazione”, come avviene per l’apprendimento spontaneo della propria lingua materna.

Suzuki si formò prevalentemente in Germania negli anni ’30 e ’40 dove frequentò i più importanti salotti culturali europei. In quel contesto ebbe modo di conoscere i più grandi didatti del tempo. Il suo metodo, quindi, è per cultura e formazione fondamentalmente europeo. Infatti, tutte le musiche che costituiscono il materiale di studio sono tratte dal repertorio barocco o romantico europeo. Tuttavia, esso è contestualmente contraddistinto da quella precisione e quel procedere graduale tipico della cultura orientale. Una perfetta commistione di cultura europea e forma mentis orientale.
Alla base di tutto vi è una concezione della musica come indispensabile mezzo di formazione umana che permette di sviluppare capacità diverse, dalla memoria alla sensibilità ritmica, dalla disciplina nello studio al modo di relazionarsi con gli altri.

Il ruolo fondamentale della famiglia
In genere, quando la famiglia sceglie la musica per la crescita del proprio bambino, lo fa, purtroppo, assai tardi. I genitori, infatti, non sanno che le abilità musicali si sviluppano prestissimo: già all’età di 18 mesi un percorso di ascolto programmato ed esercizi specifici può sviluppare il senso del ritmo, la percezione dell’altezza dei suoni e stimolare il canto .
La famiglia riveste un ruolo insostituibile nell’avvicinare il figlio alla musica perché il suo compito sarà quello di percorrere insieme, giorno per giorno, l’apprendimento dei ritmi, dei piccoli brani, dei giochi musicali. Ciò si può sintetizzare in una sola affermazione: l’apprendimento della musica avviene analogamente a quello della lingua materna. I genitori ripetono le prime parole, le prime frasi centinaia di volte, senza accorgersene, certi che il bambino ripeterà quelle parole e ne capirà il significato.

Analogamente, sul piano della musica, ripetere continuamente al bambino piccolo un frammento musicale, cadenzare un ritmo o cantare una melodia lo porterà a ritenerli familiari. Pertanto, quella melodia, quel ritmo, quel brano musicale diventeranno parte della sua vita.
Il ruolo della famiglia è, quindi, decisivo: il genitore deve programmare con intelligenza durante la giornata l’ascolto, il canto e gli esercizi ritmici. Egli dovrà, insomma, preoccuparsi di creare intorno al proprio bambino un ambiente favorevole allo sviluppo delle facoltà musicali.

Ciò avviene sia durante la frequenza del corso di Ritmica CML, che prepara allo studio dello strumento, sia e maggiormente durante i primi anni di studio dello strumento scelto. Il genitore, indipendentemente dal fatto che conosca o meno la musica, partecipa attivamente a quest’esperienza. Egli stesso sarà stimolato ad imparare per poter condividere questo processo di apprendimento al proprio figlio, che a quest’età non è autonomo. A casa, infatti, solo il genitore può essere l’insegnante del proprio figlio. Naturalmente, il genitore non è abbandonato a se stesso, non deve improvvisare, ma seguire passo per passo le indicazioni dell’insegnante per raggiungere assieme gli obiettivi.

È proprio questo triangolo sinergico “insegnante – bambino – genitore” la carta vincente della metodologia!

Tutto ciò, fondamentale per lo studio individuale, è affiancato ben presto da un altro momento altrettanto essenziale per la crescita dei bambini, sia sul piano musicale che educativo in generale: gli incontri d’orchestra.

Il percorso Suzuki finisce all’incirca a 13 anni, al termine della scuola secondaria di primo grado.